Nell’immediato post-terremoto del 28 dicembre 1908 si manifestano precarie condizioni igineniche-sanitarie e la piaga della malaria avanza tra la popolazione. La Lega nazionale contro la malaria istituisce un piano per il contenimento della malaria, che si concretizza con la costruzione di una Colonia per bambini malarici tra le montagne dell’Altopiano silano. La località Federici di Camigliatello viene individuata quale luogo più idoneo alla realizzazione della Colonia, dal Comitato calabrese guidato dal piemontese Bartolomeo Gosio e da un gruppo di medici calabresi guidato da Felice Migliori. La struttura, costituita inizialmente da un unico padiglione, viene dotata negli anni, grazie all’ottima gestione dell’educatrice Giuseppina Le Maire, di una foresteria, di un piccolo ospedale, di una chiesetta (fu donata nel 1925 dalla contessa Sofia Cammarota-Adorno in memoria del figlio Enrico, aviatore italiano, caduto nel corso di un addestramento per nuovi piloti, e di nuovi padiglioni con verande e arredi sontuosi. I corpi di fabbrica della struttura si presentano estremente diversi nelle loro caratteristiche architettoniche e costruttive. Inusuale e innovativo è l’impiego del legno riscontrato nella costruzione della chiesetta e delle baracche che completano l’insediamento, che si pone in stretta relazione con il fitto bosco che costituisce il contesto naturale che ospita la Colonia. Il legno pur non essendo ricorrente nella tradizione costruttiva locale, trova impiego in Calabria in quegli insediamenti che risentono delle influenze tecnico-culturali europee, incoraggiato dallo sfruttamento della ricca materia prima di provenienza boschiva locale, nel quale materiali e tecniche costruttive assumono un ruolo di particolare importanza, determinandone la qualità e l’identità architettonica.
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